Testata: GAZZETTA DI PARMA
Data: 4 agosto 2004
Autore: Davide Barilli

Zolfo nella Bassa
"Stregonesco", romanzo di Ortensia Visconti edito da Fazi

E' la provincia della magia nera fatta in casa, nei giardini, dei nobili decaduti, degli "anche i ricchi piangono", della piccola borghesia credulona, inebetita dal pelote a 24 pollici, delle bassure padane - torbide di nebbia, risaie, piante brumose che (come scriveva Cortazar, lui riferendosi alla Pampa: "annullano i confini creando climi surreali dove incontrare le follie più strambe").
Ma è anche l'anomala perizia di un piccolo musulmano immerso in un luogo denso di segreti (che a lui, venuto da lontanissimo ed indifeso, scivolano addosso come domande senza risposta). Ma qui "luogo" va pure inteso, soprattutto, con il termine ultimo di paesaggio. Sì, perché questo libro - al di là di tutto - è una full immersion in spazi fisici (e quindi mentali) personalissimi; ergo, anche una memoire: senza madelaine proustiane, però. Insomma, è un affresco nero e conturbante, l'esordio narrativo di Ortensia Visconti, giovane e gallonata rampolla di una dinastia che (tra zio Luchino e papà Eliprando) ha prodotto cultori dell'immaginario mica da poco.
Ambientato nei luoghi in cui la famiglia dell'autrice ha risieduto per secoli - Lomellina, bassa pavese - la storia ora pubblicata da Fazi ("Stregonesco", titolo quanto mai evocativo) è il collage agrodolce di un Italietta nordista ingravidata da un mondo che sta cambiando pelle. La Visconti - che nella vita fa la fotoreporter free lance, tra Iraq, Pakistan e Afghanistan - è di certo un tipo vibratile. Capace, appunto, di mollar tutto di punto in bianco, passando dalle altolocate comodità "romane" dell'atavico salotto di casa (dominato da un divano che fu di D'Annunzio) agli avamposti di guerra più truci e instabili, qui va a far zapping in un paesaggio (memoire infantile) brumoso, di risaie, farnie o salici, scoperchiando il velo sulla volgarità di una piccola borghesia schiavizzata dalla maldicenza, dal desiderio di evadere dalla claustrofobia realtà di un paese di provincia.
E proprio in questo teatrino, tra perpetue, preti, nobili decaduti, contadini pakistani, tossici e satanisti, il romanzo insegue i tradimenti e le piccole follie di protagonisti e comparse. L'autrice, cadenzando un indubbio impeto postmoderno, mescola - nel suo ricettario di giovane scrittrice - ironici richiami a un localismo senza folclore con gli ingredienti tipici del "genere" (dal giallo, all'erotico, dal noir al poliziesco, fino al melodramma) dando vita a un caleidoscopio narrativo che "strega" per ritmo e per l'abile uso di un linguaggio che guizza veloce, come le chiacchiere di un paese che sta inseguendo.