Testata: R360
Data: 14 giugno 2004

Autore: Marco Costa

Versetti satanici italiani

Da dove vengono le streghe
C'è una piccola parte della Pianura Padana nella zona sud-occidentale della Lombardia che va sotto il nome di Lomellina. In questa zona pianeggiante dove la sua famiglia ha riseduto per secoli, Ortensia Visconti ambienta "Stregonesco" il suo torbido romanzo d'esordio.

Il libro
Il sortilegio narrativo inizia dalla prima pagina. Abdessalam, un bambino algerino dall'oscuro passato, adottato da una famiglia del posto, viene ritrovato nel bosco durante una battuta di caccia, schiacciato sotto il cadavere di Maddalena una donna conosciuta dall'intero paese.
Qui la narratrice s'interrompe, riportandoci indietro di quattro giorni e presentandoci Tommaso, un giovane carabiniere, insicuro e inadeguato, alle prese con la misteriosa sparizione di un antico libro contenente riti ed invocazioni sataniche.

l'autrice
Ortensia Visconti, giornalista e fotografa, è stata corrispondente di guerra in Iraq, Afghanistan, Algeria. Ha collaborato con "La Repubblica", "Il Messaggero", "Flair" il "Washington Post" ed in televisione con La 7.

il sapore delle pagine
In queste pagine che profumano di tartufo, dietro i riferimenti ad un'attualità sempre più insanguinata da scontri di civiltà, c'è soprattutto uno squarcio d'Italia popolare, ignorante e sospettosa, dove si passa senza difficoltà dai versetti satanici alle schedine dell'enalotto, dove la gente impreparata ha più timore di una famiglia pakistana piuttosto che di Lucifero, dove le streghe non sono vecchie arcigne ma casalinghe, giovani madri e oneste lavoratrici che invocano il sovrannaturale per riscattare lo squallore delle proprie esistenze.

perché leggerlo
Anche se già dal titolo veniamo proiettati verso le oscure atmosfere di un genere, quello mistery/horror, dove è sempre più difficile non (s)cadere nell'improbabile, c'è da dire che questo romanzo scritto da una penna affilata, talvolta impaziente, evade dai crismi del suddetto genere per rivelarsi come un diabolico alternarsi di momenti ironici e grotteschi, piccanti e agghiaccianti. Adesso c'è silenzio. Il sole s'insinua tra i rami macchiando il sottobosco di piccole foglie d'ombra. Il verso monotono delle civette è solo un ricordo della notte, come il fruscio delle lepri, dei giochi degli scoiattoli, dei fagiani tra i cespugli.
Anche le grida dei morti tacciono.
Abdessalam prova ad aprire gli occhi. Le ciglia si sono appiccicate, tirano. Lui ci vede attraverso, come oltre le sbarre di una prigione piccola, per bambini. Il sangue secco e freddo è ovunque. Gli tinge il braccio e ricorda i tatuaggi di henné con cui sua madre colorava le donne in Algeria; gli incolla il palmo della mano attorno al manico di quel falcetto da strega. Abdessalam richiude gli occhi. Ci sono più cose dentro, dietro le palpebre, che in questo mondo straniero dove tutto è stato un inizio pulito e vuoto, senza passato.
Nel bosco echeggia uno sparo, poi un altro e un altro ancora. Abdessalam rimane immobile. Gli animali adesso si spostano senza il frusciare misterioso della notte, spezzano rami, fanno volare intorno le foglie secche. Sfuggono la morte. Dei cani abbaiano, guaiscono, si avvicinano insieme al rumore sordo di bastoni picchiati contro i tronchi degli alberi. Poi le prime voci: "Qua ci fanno fuori, sparano basso". Voci da un altro mondo: "La beccaccia! Stanala! Mandala verso la sette".