Testata: La Repubblica
Data: 04-04-2003

Autore: Ortensia Visconti

'Eravamo pronti all'assalto, ci hanno ordinato di fermarci'
La strana guerra degli inglesi Li sfamiamo, poi attaccheremo

I civili escono dalla città assediata per prendere gli aiuti: 'Gli uomini di Saddam sono ancora saldi' il reportage 'E' meglio non avvicinarci a questa gente, domani potrebbe cominciare l'attacco'

BASSORA - Ci sono 34 gradi all'ombra. Le strade che tagliano il deserto diventano nuvole di polvere bianca sotto i cingoli dei carriarmati britannici che le attraversano per raggiungere le postazioni. I bambini gli corrono dietro, ricevono un paio di bottiglie d'acqua, caramelle, poi se le litigano in una lotta che alza altra polvere. Nel campo dei fucilieri inglesi, a pochi chilometri a ovest dalla città, i soldati sono annoiati e insofferenti, alcuni si sono addormentati dopo il rancio. "E' assurdo - dice Mac Mc Guinness, sergente dei fucilieri - Siamo venuti a combattere una guerra e ci ritroviamo a distribuire cibo e acqua alla popolazione ancora prima di averla vinta". Secondo Mc Guinness e gran parte dei soldati inglesi, Bassora avrebbe dovuto già essere conquistata. "Eravamo sulla buona strada - continua il sergente - poi l'ordine di bloccarci, di non avanzare. Credo che le ragioni siano più politiche che militari". La preoccupazione del suo superiore è un'altra. "Non posso permettere che i miei uomini si avvicinino troppo a questa gente - dice il maggiore Nanson - domani potrebbero ricevere l'ordine di attaccare la città. Alcuni sono solo ragazzi e non è facile per loro". Il maggiore dà ordine di scortare alcune jeep degli affari civili statunitensi in un villaggio vicino. Hanno il compito di portare cibo e acqua alla popolazione. Uno di loro distribuisce volantini con il disegno di un soldato biondo e sorridente che stringe la mano a un iracheno. "Questa volta non vi abbandoneremo. Abbiate pazienza e fiducia in noi". La scritta è in arabo e incornicia la vignetta. Un uomo con la testa coperta dalla kefia ne raccoglie uno, lo guarda con attenzione, si mette a ridere scuotendo la testa. Il villaggio di Aman Anas si confonde con la sabbia del deserto. Piccole case senza finestre e strade polverose colme di rifiuti. Le rotaie di una ferrovia in disuso lo dividono in due parti. In pochi secondi si crea una folla attorno ai camion con gli alimenti. La gente si spinge, le mani si tendono verso l'alto. I fucilieri inglesi si schierano con le armi puntate, cominciano a distribuire le scatole che rimbalzano sulle mani tese per finire per terra. Gli uomini litigano, le donne seguono la scena da lontano, con le facce ansiose. "Siamo iracheni" urla un vecchio che si tiene in disparte, "Non vogliamo la vostra elemosina". Gli inglesi sanno che parte del cibo distribuito la scorsa settimana è stato rivenduto al mercato nero. La notte Bassora subisce bombardamenti che l'illuminano a giorno e fanno tremare il terreno. Il buio s'accende di scie luminose. Sui fronti si combatte una guerriglia incostante, i colpi d'artiglieria pesante rispondono ai mortai che la milizia irachena para da jeep in continuo movimento. "E' diventata una piccola routine - racconta il sergente Pack Ford, delle guardie irlandesi - Per il momento non entriamo in città in modo permanente, facciamo incursioni. Scopriamo le loro postazioni, le eliminiamo ma poi torniamo indietro. Sono gli ordini, il fronte non si muove". Le guardie irlandesi sorvegliano il posto di blocco a sud-ovest della città. Alle loro spalle c'è un ponte; davanti, a nemmeno un chilometro di distanza, i primi edifici di Bassora. Ford indica una fabbrica quasi distrutta a 200 metri dalla postazione: "Ci saranno dai 10 ai 20 uomini morti dentro. Li abbiamo eliminati ma non abbiamo preso il controllo della postazione. Questa notte potrebbero rioccuparla". Al lato della strada un soldato fa esplodere una mina che il nemico ha lasciato dietro una barricata. "Le mettono di notte nei punti in cui ci ripariamo quando ci sparano contro", racconta. "Controlliamo il terreno ogni mattina." Intanto il traffico scorre regolare in entrambe le direzioni. Sono autobus, furgoni, vecchie macchine malandate, carretti trainati da asini e motociclette con sidecar. Passano donne, bambini, uomini in abiti civili. La maggior parte di loro escono dalla città la mattina per ritornarci la sera. Pochi parlano inglese, ma tutti sembrano dire la stessa cosa: "A Bassora la vita va avanti normalmente". Aied Manuel lavora per la Croce rossa internazionale e vive nel centro di Bassora. Racconta che la gente si sta adattando a una situazione anomala anche in tempo di guerra: "A Bassora ubbidiamo al governo iracheno, nelle frazioni periferiche e nella regione a quello inglese". I soldati fanno scendere i passeggeri da un autobus. Un giovane militare alza le braccia al cielo. "Facciamo il possibile ma non possiamo perquisirli tutti. Specialmente le donne e tutti questi furgoni carichi di pomodori. E' come una lotteria". Fahaleh fa il maestro di scuola. E' di Az Zibair e ha preso l'autobus per andare a ritirare il salario in città. "Molti immobili sono danneggiati - dice - La gente ha meno acqua e cibo del solito ma vive normalmente". Poi abbassa la voce e sussurra che l'esercito regolare è decimato, ma gli uomini di Saddam sono presenti e fanno ancora paura. Una donna si lamenta dei bombardamenti notturni perché spaventano i bambini. Suo marito racconta che i colpi d'artiglieria colpiscono i civili, mentre le milizie si proteggono davanti alle loro case. Ma il Baas, per chi osa parlarne, controlla la città come il giorno prima che arrivassero gli inglesi.