Testata: Il Messaggero
Data: 14-11-2001

Autore: Ortensia Visconti

Primo Piano - La caduta di Kabul
"Kabul è liberata, è come se fossi rinato."

Kabul- I resti della resistenza talebana sono accantonati ai lati della strada per Kabul. Ci sono pezzi di carri armati sventrati, jeep carbonizzate, vetri rotti, indumenti abbandonati. Le case sono in macerie. La macchina avanza tra i crateri delle bombe americane, che bucano l'asfalto. L'odore delle esplosioni entra a folate dal finestrino. Habib, l'interprete, torna a casa dopo cinque anni. Si guarda intorno eccitato: "Qui c'era il bazar di Qarabah, era sempre affollato e tutta questa terra era coperta dalle vigne. Ma è pericoloso continuare, potrebbe esserci qualche terrorista rimasto indietro." Ma i soli talebani che incontriamo sono stesi per terra, senza vita.
La gente gli si affolla intorno e li guarda in silenzio. "Prima mi facevano paura i morti", dice Agi, un bambino di dieci anni. "Adesso sono felice di vedere i loro corpi. Questi due erano pakistani, li conoscevo." Uno di loro era così giovane da non avere ancora la barba. Alle porte della città i soldati dell'Alleanza del Nord hanno ricevuto l'ordine di fermare i veicoli e i giornalisti. Alcuni scherzano, altri parlano con la gente, uno di loro ha infilato delle margherite nella canna del suo Kalashnikov. Riusciamo a confonderci tra la folla e a passare i posti di blocco.
Un taxi ci offre un passaggio. L'autista ascolta musica afgana a tutto volume: "Sono stato dieci giorni in prigione per questa cassetta. L'ho tenuta nascosta per cinque anni. Oggi è come se fossi rinato. Ho trent'anni e sembro vecchio perché ci hanno tolto il piacere di vivere."
Per strada, le donne camminano a gruppi, ancora coperte dei burqua blu cielo. "Faccio la maestra, dice Nabyla, 34 anni- ho continuato a insegnare alle bambine di nascosto, di casa in casa. Per punirmi, i talebani hanno picchiato me e mio marito." Nabyla non si fida a togliersi il burqua. Aspetta che la situazione si stabilizzi. "Non vedo l'ora. Io la fede la ho nel cuore, non nel burqua."
I talebani hanno lasciato Kabul durante la notte. I carri armati, le jeep, i camion bloccavano le strade e la gente ancora non credeva che stesse succedendo veramente. "Volevo tagliarmi la barba per festeggiare", dice Faisal, 32 anni. "Mia madre me lo ha impedito. Aveva paura che tornassero. L'ultima volta che l'ho fatto sono rimasto in prigione per una settimana."
Gli elicotteri e i jet americani hanno seguito la ritirata dal cielo. Nel quarto distretto, alle 23,30, una macchina con otto talebani a bordo fuggiva verso sud. Ora i loro corpi sono carbonizzati, se ne distinguono solo tre. "E' stato un jet americano a colpirli", racconta Walid Hullah. "Ero qui quando è successo e ero felice. Ho subito dieci governi, qui a Kabul, e questo era il peggiore. Non ci sentivamo più esseri umani. Spero che non succeda come nel 92', che i mujaheddin siano più intelligenti. Ma oggi festeggio il loro arrivo."
Nel parco di Shar-e-naw  alcuni talebani hanno resistito fino alle undici di mattina. Uno di loro è salito su un albero e ha aperto il fuoco uccidendo tre autisti. I soldati dell'Alleanza del Nord prima di sparare gli hanno ordinato di arrendersi. Ci sono altri sette corpi di talebani nel parco. I bambini li prendono a sassate, gli uomini ci sputano sopra. "E' l'unico posto dove hanno resistito, dice Sayedali, un medico. "Erano arabi. Credo che non fossero al corrente della ritirata. Quelli che non sono scappati sono morti. Se non li hanno uccisi i soldati ci ha pensato la gente. Ho visto picchiare a morte un ceceno, questa mattina."
L'Intercontinental Hotel era il migliore della città. Un dito di polvere copre il bancone dell'accettazione. I proprietari dei negozi nella hall rimettono la merce in mostra, puliscono gli scaffali. Bashir Hamed ha una piccola libreria. Da un armadio tira fuori un pacco di cartoline che teneva nascoste. "Sono solo donne in costume tradizionale afgano - dice.  Per queste i talebani mi hanno picchiato, mi hanno rasato la testa, le sopracciglia, la barba. Poi mi hanno dipinto la faccia di nero e costretto a andare in giro gridando: tutti quelli che trasgrediscono la legge islamica avranno punizioni peggiori della mia."
Accanto alle cartoline c'è un foglio indirizzato a tutti i cittadini, da parte del comitato di sicurezza di Kabul. "Spero che questa volta sia la verità, dice Bashir, indicandolo. Il comunicato dice: "I mujaheddin hanno avuto l'onore di eliminare il regime straniero di Osama Bin Laden. Ora la capitale è libera. Siamo qui solo per la vostra sicurezza. Non ci saranno discriminazioni da parte dell'Alleanza del Nord per differenze di lingua, colore, tribù. Vi chiediamo di riprendere a lavorare, di tornare alle vostre occupazioni. Il presidente Rabbani promette il perdono a tutti quelli che non resisteranno, compresi i talebani. Se avete armi in casa rendetele alle forze di sicurezza e speriamo insieme in un Afghanistan moderno e civile.