Testata: La Repubblica
Data: 08-04-2003

Autore: Ortensia Visconti

Bassora, l'ora dei saccheggi
Il fronte sud

Ancora scontri nella città divisa in quattro dagli inglesi Combattimenti ormai sporadici, i leader del partito Baas segnalati in fuga verso nord su tre autobus

BASSORA - I militari inglesi pattugliano a piedi la città, zaini sulle spalle e armi puntate al suolo. Intorno a loro i bambini chiedono acqua, si portano una mano sulle labbra poi sullo stomaco. Il saccheggio di Bassora continua: il museo, l'università, la banca. Rimangono le mura, già bombardate dalle forze di coalizione e succede che siano messe a fuoco, come nel caso della compagnia del petrolio del sud. Dalle finestre dell'hotel Sheraton, sulle rive dello Shatt Al-Arab, volano materassi, paralumi, cuscini. La gente raccoglie. File di ragazzi a piedi nudi sfilano sulla strada allagata e piena di rifiuti, sulla testa sedie tappezzate di raso. Un pianoforte a coda è rivoltato in una pozzanghera; dei bambini si divertono a farlo suonare. "Non c'è vita senza sole, né dignità senza Saddam Hussein" è la scritta stampata su un muro, accanto a una foto del dittatore. Dietro, palazzi abitati con le finestre murate contro ladri e bombardamenti. "Dov'è la pace?" chiede Nawaf Saleh, che dirigeva una società di contabili. "Siamo finiti. Chi ci ridarà tutte queste cose? Io non ho più niente. Tra ieri e oggi mi sono rimasti solo i vestiti che ho addosso." Sorride, con le lacrime agli occhi. La città è stata divisa in quattro parti dalle truppe britanniche, che la controllano quasi interamente. A nord e nel quartiere dei mercati si combatte ancora, ma gli scontri a fuoco sono sempre più sporadici. Si sentono esplosioni che provocano il terrore tra i civili; sono gli inglesi che neutralizzano le munizioni nemiche. Un uomo racconta di aver visto partire verso nord tre autobus con i leader del partito del Baas vestiti in abiti civili. Degli uomini di Saddam non c'è quasi più traccia mentre i blindati inglesi occupano i punti strategici della città, fino a ieri postazioni del Baath. Nell'ufficio della sicurezza pubblica erano tenuti i prigionieri politici. Chiunque si opponesse al regime o fosse sospettato di farlo era portato nel sottosuolo di questo edificio oggi quasi demolito dai bombardamenti. Ci sono ancora le celle, le camere di tortura sotterranee e persone che frugano tra i documenti sparsi tra le macerie per ritrovare almeno una notizia dei loro cari fatti sparire dal regime. Un uomo mostra la fotografia di un parente torturato a morte. Ha la gola tagliata e il torace coperto da decine di bruciature circolari. Gli hanno buttato mozziconi di sigarette addosso. Wamed Kadim era stato condannato a vent'anni. Solleva la maglietta per mostrare le cicatrici delle torture subite. "Mi marchiavano con un ferro arroventato", racconta. "Mentre lo facevano mi scattavano fotografie, sono venuto a cercarle". Davanti all'ospedale di Bassora un carro armato britannico impedisce ai ladri di portare via i letti e la poca attrezzatura medica rimasta. Nei corridoi si sentono grida di dolore, pianti di bambini. Sono i civili feriti dai bombardamenti delle truppe di coalizione. La maggior parte di loro sono donne e bambini che abitavano vicino alle postazioni delle milizie irachene. Gli uomini spesso erano fuori casa. "E' una tragedia" dice Amar el Dani, un medico. "Solo in questo ospedale sono stati ricoverati più di 500 civili feriti dai bombardamenti. Più di 200 sono morti sotto i miei occhi. A volte arrivavano così numerosi che non avevamo il tempo di operarli". Zeinb Haeed è una bambina di 9 anni e ha una gamba amputata. L'ha persa dopo un attacco aereo il primo giorno della guerra, insieme a quattro fratelli tutti sotto gli otto anni. "Stavo preparando il pranzo quando è arrivata la bomba", sussurra con timidezza. Iman ha 5 anni. Il suo corpo è coperto da ustioni e le gambe da ferite profonde. Piange di dolore. Le è rimasto solo suo padre. La madre e i tre fratellini sono morti durante un attacco aereo americano. "Cosa volete che vi dica di questa guerra", chiede l'uomo. "Guardate mia figlia". Un pick-up arriva all'ospedale con i corpi di tre uomini ammucchiati sul retro. "Sono soldati", dice un'infermiera. Bassora è libera, ma resta terra di nessuno.