Testata: Il Messaggero
Data: 16-11-2001

Autore: Ortensia Visconti

Primo Piano - Afghanistan
I Talebani trattano la resa al ristorante

Wardak (sud di Kabul)- Le jeep con i vetri scuri attraversano il fronte nemico e si fermano in un piccolo villaggi a 40 chilometri da Kabul, sulla strada per Kandahar. Dodici Talebani scendono dalle macchine in silenzio, guardandosi intorno diffidenti. I soldati dell'Alleanza del nord sono armati e sparsi disordinatamente sulla strada polverosa. I dodici turbanti neri lasciano i Kalashnikov, quattro lanciagranate e un paio di mitragliatrici alle guardie del corpo e si avvicinano al luogo della negoziazione: un ristorante. Il comandante Abdullah, assistente del generale Agi Sheralah, è uno dei tre militari del Fronte Unito anti-talebano incaricati dell'area di Kabul. "E' una delegazione inviata per rappresentare due comandanti talebani, Ghulam Mohammed e Agi Mohammed Mussa- dice Abdullah - Combattevano sul fronte di Bagram, a nord di Kabul. Prima di lasciare la città hanno preso molte armi e hanno radunato 1500 talebani, che ora resistono su questo fronte. Vengono a negoziare un accordo, se alle 15 non lo abbiamo trovato il Fronte Unito lancerà l'offensiva."
Il comandante Abdullah entra nel ristorante seguito dai rappresentanti talebani. Gli uomini si tolgono le scarpe e siedono sui tappeti a gambe incrociate. Dopo pochi minuti scoppi di risate si sentono provenire dall'interno del ristorante. "Doctor Abdullah e Mussa sono vecchi amici - dice Mohammedagul Nasri, un soldato di Abdullah- per cinque anni hanno combattuto insieme i russi. Per questo il comandante è paziente."
Ghulam e Mussa sono due fratelli della provincia di Kabul. Contro i russi erano mujaheddin, talebani per i talebani e ora sembrano pronti a unirsi all'Alleanza del Nord. Le condizioni sono la vita salva e un impiego all'altezza della loro esperienza nell'esercito nemico. Tre anni fa, l'Alleanza del Nord aveva pagato agli stessi fratelli 300 dollari per una promessa di tradimento contro i talebani. Ghulam e Mussa avrebbero dovuto permettere ai mujaheddin di attraversare i villaggidi Dahku e Shakardarah, e sostenere il loro piano d'attacco su Kabul. Dopo avere ricevuto il denaro i fratelli sono rimasti comandanti talebani. "Sono uomini d'affari - dice il comandante Abdullah- sono tre giorni che rimandano la resa. Stanno considerando altre offerte da parte dei partiti che controllano il centro del paese. Ma non hanno scelta. Questa volta non li pagheremo. Sono accerchiati da quattro parti. O muoiono o si arrendono." Shahpor, comandante di un altro gruppo di soldati arrivati nella provincia di Wardak nell'eventualità che i talebani non si arrendessero, si avvicina all'ingresso del ristorante: "I miei superiori mi hanno detto che questa è la loro patria, che se si arrendono li porteranno a Kabul a parlare con Fahim, il ministro della Difesa, per reintegrarli. Ma hanno giustiziato mio fratello, se li vedo li ammazzo lo stesso."
Finalmente la delegazione esce dal ristorante. I Talebani si allontanano per riportare l'esito dell'incontro ai loro superiori. Dopo un paio d’ore, Shir Takana, assistente di Abdullah, annuncia che la resa è stata negoziata. "Domani- dice - la caduta della provincia di Wardak sarà ufficiale."
Le provincia talebane in Afghanistan cadono come frutti dagli alberi. Le ragioni sono diverse e non sempre di ordine economico. "I talebani - dice il comandante Mohammed Sharif Tawasuli, incaricato della scuola militare a Kabul- hanno preso la loro ideologia. Si sono raggruppati nel nome dell'Islam, ma dopo l'11 settembre, quando hanno capito di quali massacri si rendevano complici, non ci hanno più creduto. La sconfitta di Mazar-y-Sharif gli ha fornito l'opportunità di disgregarsi. I talebani afgani non sono tutti terroristi. Credo che siano colpevoli comunque: tutti sapevano che Osama Bin Laden era un terrorista e loro gli hanno dato un posto per nascondersi e hanno combattuto per lui."