Testata: L'Indipendente
Data: 14-08-2004

Autore: Ortensia Visconti

Diario da Kabul 2
"Con i cowboy, a caccia di talebani"
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L'elicottero dell'esercito americano attraversa il deserto della provincia di Kandahar. L'aridità è interrotta da verdi piantagioni di marjuana, la monotonia dal volo del velivolo di protezione che ci segue a distanza ravvicinata. Poi le montagne. Ci insinuiamo in stretti crepacci che si aprono all'improvviso su altre insenature, mentre il sergente Detwealer scarica il suo M16 dal boccaporto posteriore. "Prova di fuoco", grida, ma quasi non lo sento, c'è troppo rumore. Sotto, i villaggi sono del colore della terra, e i papaveri rosa dell'oppio hanno sostituito le foglie di marjuana.
Sulle montagne di confine tra le provincie di Kandahar, Oruzgan e Zabul la guerra contro Talebani non è mai stata vinta; si è trasformata in una guerriglia che le forze della coalizione, insieme alla milizia afghana locale, subiscono con frustrazione. "Usano tutte le tattiche della guerriglia." racconta il sergente Joe Schooch, delle truppe Alpha, "Colpiscono e scappano, oppure ti attirano nelle imboscate. Ma appena vedono le nostre forze aeree lasciano le armi e prendono le pecore. Come fai a combattere una guerra in cui scompare il nemico?"
Negli ultimi tempi gli attacchi in quest'area e nel sud del paese sono sempre più numerosi. Lo scopo è impedire alla popolazione di registrarsi per le elezioni del 9 Ottobre, e contrastare la presa di potere degli Americani dopo la caduta del regime talebano. Organizzazioni umanitarie come quella delle Nazioni Unite o Médecins sans Frontières, a Kandahar da 24 anni, smettono di operare nella zona. "E' triste lasciare l'ospedale che teniamo da 10 anni", osserva Kenny Gluck, direttore operazionale dell'NGO francese, "Ma a giugno hanno ucciso cinque dei nostri uomini, i talebani continuano a minacciarci e il governo non fa niente per aiutarci."
Il governo... I signori della guerra. Mi torna in mente la frase di uno di loro: Sajed Jafar Naderii. Qualcuno gli ha chiesto perché ha lasciato il New Jersey per tornare in Afghanistan e diventare un Warlord. "Perché qui posso scopare e uccidere chi voglio", ha risposto.
All'atterraggio una nuvola di polvere fina mi soffoca, s'insinua ovunque con l'odore di terra che imparerò a riconoscere. Il veicolo sul quale sono seduta scende da una pedana e avanza tra le buche, velocemente. Mi disorienta, non so dove sono, sembra la superficie lunare.
Ad attenderci c'è il capitano Brian Peterson, comandante delle truppe Alpha. Con i suoi uomini, una trentina, e i veicoli che chiamano HUMWV (highly mobil multi wheelet veicles), è tra queste montagne per proteggere la popolazione dagli attacchi talebani. L'operazione mira all'espansione della presenza americana in territorio nemico, e Peterson mi mostra lo schermo del computer montato accanto al suo sedile. "Non c'è nessuno oltre noi e i talebani per centinaia di chilometri", dice, con un piccolo sorriso sadico. "Questi posti sono così isolati che ci associano all'armata russa."
Siamo nel distretto di Mianishin, a un paio ore di strada dal confine con la provincia di Zabul. Lì, solo una settimana fa, le truppe Alpha sono cadute in un'imboscata tesa dai talebani. "Non è proprio così", ridacchia Brett Henry, mentre sputa per terra il tabacco che qui tutti si lasciano sotto la lingua. "Sì, insomma, noi andavamo con gli autoparlanti accesi, gli rimbombava "senza palle uscite dai burqua e combattete" per tutta la vallata." Sono usciti. Il combattimento è durato due ore e mezza. Un ragazzino di 12 anni ha preso un kalashnikov e gli ha sparato contro, poi è stato ferito e in pericolo di vita. Adesso è salvo nell'ospedale militare USA, alla base di Kandahar. Hanno preso 4 talebani, ne hanno uccisi altri 4.
"Si muovono in gruppo, armati, hanno telefoni satellitari e indossano turbanti bianchi. Molti sono stranieri, altri di queste parti. Ci terrorizzano". Sifullah ha quattordici anni e parla a bassa voce, gettando occhiate rapide tra le montagne tutt'intorno. "In questo momento ci stanno guardando... da là", fa un cenno con la testa verso dei massi rocciosi, più lontano. "Appena se ne vanno le truppe americane vengono nelle nostre case, fanno uscire le donne e ci picchiano. Così hanno ucciso mio fratello. Io non posso parlare con voi." La gente abbandona i villaggi per fuggire verso Kandahar, cercando sicurezza: "Me ne vado," sussurra un vecchio piangendo, "Hanno bruciato vivo uno dei miei figli perché collaborava con il governo e gli Stati Uniti. Scappo prima che ci facciano ancora del male."

Box. La guerra continua, anche con Al Quaeda.

Kandahar. Un violento ritorno delle aggressioni da parte dei Talebani e di uomini di Al Quaeda sta mettendo in pericolo i soldati delle forze di coalizione, i volontari delle associazioni non governative e gli operai impegnati nella ricostruzione nel sud dell'Afghanistan.
Quasi tre anni dopo che gli Stati Uniti insieme all'esercito dell'alleanza del nord, hanno sconfitto il regime talebano appare evidente che il nemico non è stato eliminato dalla totalità del paese.
I seggi per il censimento in previsione del voto sono bombardati, coloro che vi si registrano minacciati e uccisi.
Le prime elezioni presidenzilai afghane della storia sono in programma per il 9 ottobre, tre mesi dopo la data originale per ragioni di sicurezza- mentre le elezioni parlamentari sono state rimandate al prossimo aprile.
Gli stati Uniti e la NATO hanno una forte presenza a Kabul, ma la maggiornaza del territorio afghano è controllato da signori della guerra che posseggono milizie private finanziate dal commercio di oppio e eroina.
Nelle zone sud e est del paese, dove si crede si nascondano Osama Bin Laden e il capo talebano Mullah Omar, i talebani controllano ancora vaste aree del territorio.